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Diritto al gioco

L’ articolo 31 della Convenzione sui diritti dell’infanzia, emanata dall’ Onu il 20 novembre 1989, sancisce il diritto al gioco e richiama tutti gli adulti ad adoperarsi perché sia soddisfatto.

Il gioco è una esperienza fondamentale per ciascun bambino, in quanto fonte di scoperte ed emozioni, alla base del percorso di conoscenza e di crescita di ciascuno. A seconda dell’età, il bambino nel giocare impara ad essere creativo, sperimenta le sue capacità cognitive, scopre se stesso, esprime i propri stati d’animo,  entra in relazione con i suoi coetanei. Il gioco svolge una funzione strutturante dell’intera personalità, per questo nessun bambino ne dovrebbe essere privato.

In un’epoca che tende sempre più a organizzare la giornata, il tempo dei bambini non prevede spazio per l’ozio, il non far niente insieme, l’imprevisto, l’auto-organizzazione. Gli spazi di gioco sono preorganizzati e i giocattoli fanno tutto da soli, mettendo il bambino da parte e lasciandogli solo il ruolo dello spettatore.

Non è un caso che a scuola osserviamo sempre meno bambini che sanno fare giochi liberi e liberanti, mentre è sempre più diffuso il consumo ludico teleguidato. Durante l’intervallo non riescono a godere di 10 minuti di riposo e di piacevole stare insieme. Nell’ora di educazione motoria fanno fatica a riconoscere e rispettare il valore delle regole nei giochi di gruppo.

Senza rifiutare l’innovazione e l’evoluzione del patrimonio ludico, l’uso delle nuove tecnologie…

Come recuperare le specificità del gioco: la creazione, la costruzione, la fantasia, l’interazione, la socializzazione, il movimento, l’affettività, l’avventura all’aperto?

Come controllare e regolare l’ uso dei videogiochi per evitare la videodipendenza?

Sono due domande per riflettere su ciò che rischiamo di non offrire ai nostri bambini e sul ruolo che noi educatori vogliamo svolgere per aiutarli a giocare meglio e di più.

Il caffè dei lettori promuove un dibattito
con la partecipazione della dott.ssa Silvana Zechini, psicologa psicoterapeuta.

Attraverso la funzione commenti, potete porre domande ed intervenire fino al 24 Maggio, giornata mondiale del gioco.

By |2012-07-19T10:02:32+00:00aprile 15th, 2007|Senza categoria|13 Comments

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13 Comments

  1. utente anonimo 19 aprile 2007 at 10:47 - Reply

    Buongiorno dottoressa,

    io avrei una domanda da farle:

    i miei bambini, quando non hanno tv, impegni didattici e/o sportivi, quando insomma dovrebbero organizzare da soli il loro tempo, mi dicono spesso “ci annoiamo” oppure “che possiamo fare?” .

    Ora, la mia domanda è la seguente: come facciamo noi genitori a stimolare la loro immaginazione o la loro capacità organizzativa?

    Quale consiglio può darci?

    La ringrazio per la risposta

    saluti

  2. utente anonimo 19 aprile 2007 at 18:55 - Reply

    Ciao a tutti!!!!Maestra Teresa,ti sei scordata di me?!?!Quando ci 6 rispondimi su skipe,ti devo dire una cosa!!!!Saluti Mitrix90

  3. utente anonimo 20 aprile 2007 at 8:00 - Reply

    Buona giornata a tutti da mamma E.

    E’ interessante questo dibattito perchè secondo me il gioco è un elamento presente in tutti gli esseri viventi .E’ normale vedere un

    cucciolo di gatto giocare con un gomitolo di lana,tramite questo gioco il gattino impara come muoversi ,scattare e afferrare la preda .Secondo me oggi l’uomo ha perso molto del suo istinto ,e di conseguenza è predominante il mondo della logica,della ragione,mettendo in secondo piano la fantasia i sogni i giochi;così i nostri cuccioli sono sprovvisti di schemi, di regole per vivere nella forma adulta.

    La domanda che faccio è questa ,come far risvegliare la fantasia ,il prorio instinto su i cuccioli di uomo?

    saluti da mamma E.

  4. utente anonimo 21 aprile 2007 at 13:52 - Reply

    In tutti i giochi c’è sempre un’pò di competizione. Io ho sempre spiegato a mia figlia che non si può sempre vincere, infatti quando gioca con i suoi coetanei, non ne fa un dramma se perde. Si comporta però in modo diverso quando gioca con noi della famiglia, in particolare con me (mamma), vuole vincere e qualche volta usa parole poco carine al momento della “sconfitta”. Ora le mie domande sono queste:

    – Come mai mia figlia ha questi 2 atteggiamenti differenti?

    – come mai con i compagni accetta la “sconfitta” mentre con noi no?

    – E’ forse un modo per attirare la nostra attenzione, dato che ultimamente per vari motivi abbiamo un’pò meno tempo per lei?

    – Come mi devo comportare quando gioco con lei?

    – E’ giusto che ogni tanto la lasci vincere venendo meno alle regole del gioco?

    In attesa di una sua risposta le mando i miei più sentiti saluti.

    S.

  5. utente anonimo 24 aprile 2007 at 22:13 - Reply

    La richiesta che passa attraverso il gioco con i genitori è diversa da quella agita nel gioco con i pari, il voler vincere e/o il timore di perdere va riferito alla verifica dell’affidabilità affettiva dei familiari.

  6. utente anonimo 24 aprile 2007 at 22:19 - Reply

    Ingredienti: compagni di gioco, spazio libero e possibilmente verde, genitori attenti ma a debita distanza…. e l’istinto riprende quota! Silvana Zechini

  7. utente anonimo 24 aprile 2007 at 22:32 - Reply

    Spezzare la dipendenza dei bambini dagli adulti che avviene attraverso il gioco organizzato, le attività sportive e didattiche (e degli adulti dai bambini), significa rischiare la noia per poter passare successivamente alla loro libera espressione. Silvana Zechini

  8. Mitrix90 2 maggio 2007 at 19:07 - Reply

    cara maestra vorrei crearmi un blog e vorrei chiamarlo “la piccola roditrice” non so come si fa a crearlo

    me lo puoi dire oppure me lo crei tu?

    ELENA

  9. tetibye 2 maggio 2007 at 19:22 - Reply

    Elena chi? La mia Elena? Come mai hai l’us di Mitrix90? Fammi sapere.

    Un bacio.Teresa

  10. utente anonimo 13 maggio 2007 at 14:20 - Reply

    Sono una mamma particolarmente attenta al linguaggio dei programmi TV destinati ai nostri figli, nello specifico mi riferisco ai famosi cartoni animati giapponesi che quotidianamente occupano una parte del tempo libero di molti bambini. Vorrei conoscere il suo parere dopo aver esaminato alcune espressioni contenute nei dialoghi di questi cartoni animati che testualmente di seguito vengono riportate:

    – “Ti mando all’altro mondo, fosse l’ultima cosa che faccio!”;

    – “Non importa che tu abbia distrutto mio padre e l’intero pianeta, l’unica cosa che importa è la forza”;

    -“Un giorno sarò Io a controllare l’intera galassia”;

    – “Bravo, colpisci!”;

    A questo punto una lama ruotante taglia in due parti il corpo di Friser.

    – “Ho raggiunto il mio scopo, dimostrarti che c’è qualcuno più forte di te”;

    e numerose alte frasi: “devi essere annientato, non ti permetterò di sconfiggermi, abbiamo distrutto il pianeta, e la nostra ricompensa?” e tante altre espressioni di questo genere il tutto contornato da urla disumane per tutta la durata del programma.

    A livello pedagogico esaltare personaggi che risultano forti, potenti e vincenti solamente sconfiggendo, distruggendo, uccidendo e, come spesso viene detto nel cartone animato, “annientando” il prossimo può in qualche modo incidere nella formazione della personalità di un bambino?

    Tenga presente che questi programmi vengono trasmessi quotidianamente e sempre con la stessa impostazione di violenza.

    Grazie per la risposta.

  11. utente anonimo 20 maggio 2007 at 9:59 - Reply

    Salve a tutti, partecipo con interesse a questo importante dibattito; il gioco, come dettagliatamente ha ricordato la dottoressa Zecchini,rappresenta per il bambino un momento di aggregazione, di liberazione, di espressione. Attraverso il gioco il bambino impara, conosce e, divertendosi, si confronta con l’altro. Per noi adulti, spesso, rappresenta solo un ricordo lontano: il lavoro, il ritmo frenetico di tutti i giorni, le responsabilità occupano gran parte del tempo a disposizione. Perchè il bambino oggi non sa più giocare? é una bella domanda, a cui difficilmente si può dare una risposta esaudiente. Penso però che qualcosa noi grandi potremmo fare! Recuperare il gusto di divertirci giocando! In questo modo il bambino avrà altri modelli da imitare che non sono personaggi di cartoni o di videogiochi, ma i loro genitori, i loro insegnanti…

    Scrive Pablo Neruda

    il bimbo che non gioca non è un bambino, ma l’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che è dentro di sè!!!

    Grazie Teresa per questi momenti di riflessione che ci fai vivere!

    Una tua fans e ammiratrice

  12. utente anonimo 10 giugno 2007 at 20:28 - Reply

    In tutti noi, e quindi anche nei bambini, esiste l’impulso aggressivo, ecco la ragione della forte attrazione nei riguardi di “storie di forza”. Ora sappiamo che anche le fiabe, trattano temi legati alla rabbia, alla violenza, alla lotta, all’abbandono (Cappuccetto rosso, Pollicino, Hans e Gretel ecc.) ma mentre le fiabe si leggono o si raccontano, solitamente attraverso un adulto narrante, mediate quindi dalla VICINANZA e da una percezione sensoriale più semplificata, che mette il bambini nella condizione di elaborare gli stimoli e metabolizzare le emozioni, i cartoni animati, da Lei segnalati, agiscono in modo fortemente intrusivo sui canali sensoriali, non favorendo l’elaborazione degli stimoli. Inoltre sono riproposti con una ripetitività quotidiana che acuisce tale processo. Quindi il problema rimane il rapporto con la televisione e la passività degli adulti e bambini di fronte a questo strumento. Lei mi insegna che la passività non ha mai fatto crescere nessuno. SILVANA ZECHINI

  13. utente anonimo 10 giugno 2007 at 20:31 - Reply

    Brava mamma! E’ una bella risposta anche per gli altri genitori. La relazione degli adulti con le proprie parti vitali (fantasia, creatività, desiderio) è il “ponte” indispensabile verso i nostri figli. SILVANA ZECHINI

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